Hai mai cercato il tuo nome su Google e trovato informazioni vecchie, imprecise o che non ti rappresentano più? Ti sei mai chiesto se sia possibile farle rimuovere, per proteggere la tua privacy e la tua dignità personale?
Il diritto all’oblio nasce proprio per rispondere a questa esigenza: quella di avere il controllo sui propri dati personali nel mondo digitale.
Viviamo in un’epoca in cui ogni informazione pubblicata online può restare visibile per anni, influenzando la reputazione e persino le opportunità professionali. Tuttavia, non tutto ciò che è stato vero in passato deve restare pubblico per sempre. È qui che interviene il diritto alla cancellazione, introdotto dal GDPR (Regolamento europeo 2016/679), per garantire equilibrio tra memoria collettiva e tutela individuale.
Che cos’è il diritto all’oblio
Per capire che cos’è il diritto all’oblio, bisogna partire dal principio: esso è la possibilità per una persona di ottenere la cancellazione dei dati personali che la riguardano, quando questi non sono più necessari rispetto alle finalità per cui erano stati raccolti o trattati.
In altre parole, se un’informazione online non ha più una giustificazione attuale o utile al pubblico interesse, l’interessato può chiedere al titolare del trattamento di eliminarla. Si tratta di un diritto fondamentale riconosciuto dall’articolo 17 del GDPR, che bilancia la protezione dei dati personali con altri valori come la libertà di informazione e l’interesse pubblico nel settore della ricerca.
Diritto all’oblio e GDPR: cosa prevede la normativa
Il diritto all’oblio e GDPR sono strettamente legati. Il Regolamento europeo stabilisce che ogni individuo ha il diritto di chiedere al responsabile del trattamento la cancellazione dei propri dati quando:
- non sono più necessari rispetto alle finalità originarie;
- sono stati trattati illecitamente;
- l’interessato ha revocato il consenso o si è opposto al trattamento;
- la conservazione dei dati non è più giustificata da motivi di interesse pubblico o archiviazione nel pubblico interesse.
Tuttavia, questo diritto incontra dei limiti. La cancellazione non è possibile se i dati devono essere mantenuti per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, o per interesse di ricerca scientifica o storica.
In sintesi, il diritto all’oblio non è assoluto: è un diritto “condizionato” al bilanciamento con altri principi fondamentali.
Quando e come esercitare il diritto all’oblio
Esercitare il diritto all’oblio è un atto consapevole e ben regolato. Il cittadino può inoltrare una richiesta scritta al titolare del trattamento (ad esempio un motore di ricerca, un giornale o un sito web) specificando quali dati chiede di rimuovere e per quali motivi.
Il titolare ha l’obbligo di rispondere entro 30 giorni, comunicando l’avvenuta cancellazione o le ragioni per cui la richiesta non può essere accolta. In caso di mancata risposta o rifiuto, l’interessato può rivolgersi all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali o ricorrere in sede giudiziaria.
Un esempio concreto: se un articolo di cronaca di dieci anni fa riporta una notizia su una persona poi assolta, questa può chiedere la cancellazione dei dati personali o la deindicizzazione dai motori di ricerca.
Il bilanciamento tra privacy e interesse pubblico
Il diritto all’oblio non è un tentativo di riscrivere la storia, ma di trovare un equilibrio tra libertà individuale e interesse collettivo.
In alcuni casi, infatti, la cancellazione dei dati potrebbe danneggiare il pubblico interesse di ricerca o il diritto dei cittadini a essere informati.
Per esempio, un politico o un dirigente pubblico non può chiedere la rimozione di articoli che riguardano il suo operato, poiché prevale l’interesse pubblico nel settore dell’informazione.
Il GDPR riconosce questa complessità e impone che ogni richiesta venga valutata caso per caso, tenendo conto della natura dei dati, del tempo trascorso e del loro impatto sul pubblico interesse.
Applicazioni pratiche nei diversi settori
Nel settore della sanità pubblica, il diritto all’oblio deve essere bilanciato con la necessità di conservare i dati per la tutela della salute collettiva o per fini di ricerca scientifica.
Allo stesso modo, nei contesti di archiviazione nel pubblico interesse — come archivi storici o giudiziari — la cancellazione non può compromettere la documentazione di eventi di rilievo pubblico.
Ogni stato membro può definire regole specifiche per armonizzare la tutela della protezione dei dati personali con l’esercizio del diritto all’informazione e la difesa di un diritto.
Le sfide del diritto all’oblio nel mondo digitale
Con la crescita dei social network e dell’intelligenza artificiale, il trattamento dei dati personali è diventato sempre più complesso. I dati possono essere replicati, condivisi o archiviati su server di diversi Paesi, rendendo difficile la piena cancellazione dei dati personali.
Inoltre, piattaforme e motori di ricerca devono gestire migliaia di richieste ogni giorno, verificando la legittimità di ciascuna. È per questo che il diritto all’oblio deve essere accompagnato da una cultura digitale consapevole, che valorizzi la responsabilità individuale e la trasparenza dei titolari del trattamento.
Link di approfondimento
- Garante Privacy – Diritto all’oblio
- Regolamento (UE) 2016/679 – Articolo 17
- Corte di Giustizia UE – Sentenza Google Spain (C-131/12)
Domande e risposte sul diritto all’oblio
È il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati personali non più necessari rispetto alle finalità per cui sono stati raccolti.
Sì, è disciplinato dall’articolo 17 del GDPR come diritto alla cancellazione dei dati personali.
Qualsiasi persona fisica che ritenga non più giustificata la pubblicazione o conservazione dei propri dati.
Tramite una richiesta scritta al titolare del trattamento o direttamente al Garante per la privacy.
Entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta.
No, può essere limitato da motivi di interesse pubblico o esigenze di ricerca scientifica.
Sì, se le informazioni non hanno più valore di interesse pubblico o sono obsolete.
Si può presentare reclamo all’Autorità Garante o agire in sede giudiziaria.
Sì, ma solo se non vi sono motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica.
Sul sito ufficiale del Garante per la protezione dei dati personali (vedi il paragrafo link).
Donato Paolino
Ciao! Sono Donato Paolino. Nella vita mi occupo di digital marketing (sì, quello che fa sembrare tutto più complicato di quanto sia), ma qui no: questo è il mio angolo libero, dove parlo di quello che mi fa stare bene — cucina, musica, scrittura, tecnologia e un pizzico di spiritualità. In pratica, tutto ciò che non puoi mettere in un report di Google Ads.
